La matita pungente di Julio Girona

 

Vi ringrazio molto per l’invito e per la disponibilità con la quale sono stata accolta per organizzare la mostra di vignette che mi permette anche di ricordare mio padre a quattro anni dalla sua morte.

Vorrei portarvi col pensiero a New York, dove negli anni trenta c’era una grande comunità di immigrati di lingua spagnola. Erano 350,000, secondo i dati del Federal Writers’ Project di New York. Gli spagnoli erano solo 15,000 o 20,000; invece 250,000 provenivano da Puerto Rico (perchè i portoricani non avevano bisogno di un visto per entrare negli Stati Uniti, essendo l’isola di Puerto Rico territorio statunitense, e perchè dopo la crisi del ’29 erano fuggiti da condizioni particolarmente difficili); gli altri 100,000 circa provenivano da Cuba, in particolare, e da tutti gli altri paesi delle Americhe. Questa comunità aveva già un quotidiano, La Prensa [La Stampa], fondata nel 1913. Però in quegli anni sono successe due cose che sconvolsero una parte consistente dei lettori del giornale. La Prensa rifiutò di rinnovare i contratti ai dipendenti che aderivano al sindacato. Bisogna ricordare che negli anni trenta, a New York, il movimento operaio e sindacale era forte, e questo attacco ai diritti creò una notevole reazione. L’altro episodio è che, quando iniziò la Guerra di Spagna, la redazione de La Prensa si spaccò: una parte si schierò con la Repubblica e l’altra parte con i ribelli fascisti. Di consequenza, molti ispanici sentirono il bisogno di un giornale diverso, che riflettesse le loro convinzioni democratiche e antifasciste. Nel 1933 era uscito un giornale che si chiamava La Información, corrispondente a queste esigenze, ma dopo pochissimo tempo, nel 1934, ancora prima della guerra di Spagna, aveva chiuso per mancanza di fondi. Allora, un gruppo di scrittori e uomini d’affari spagnoli si riunì per tentare di nuovo di creare un giornale ispirato ai valori democratici; questo fu La Voz [La Voce]. Ne prepararono una sola edizione e la pubblicarono il 19 luglio 1937, data significativa perchè era ad un anno dall’inizio della Guerra, e perchè coincideva con una grande manifestazione che si svolgeva al Madison Square Garden di New York, con 20,000 presenze, a favore del governo legittimo della Spagna. Questo numero unico de La Voz era una prova, per vedere come veniva recepito. Evidentemente fu accolto molto bene, perche` circa un mese dopo, grazie in particolare all’investimento economico iniziale fatto da Ceferíno Barbazán, un uomo d’affari spagnolo che offrì anche un edificio di sua proprietà nel Greenwich Village per la sede, La Voz cominciò le sue pubblicazioni giornaliere con la dichiarata intenzione di appoggiare la causa della Repubblica; le pubblicazioni continuarono durante tutta la Guerra di Spagna, sostenute da molte organizzazioni antifasciste. Poi, otto, nove mesi dopo la sconfitta della Repubblica, il 1 dicembre 1939, per le difficoltà sia politiche che finanziarie del giornale, La Voz chiuse.

Julio Girona era il vignettista del giornale; apparve una sua vignette quasi ogni giorno dall’inizio alla fine della Guerra. All’epoca aveva soltanto 22, 23 anni, ma aveva già una solida esperienza nel campo della caricatura e del disegno. Nato a Cuba nel 1914, a Manzanillo, un paese vicino a Santiago de Cuba, nella parte est dell’isola, fin da giovanissimo aveva la passione del disegno. Ci raccontava che invece di fare i suoi compiti per la scuola, si sdraiava sotto il letto dei genitori, dove poteva disegnare, stando al fresco e al riparo dalla sua famiglia numerosa. Suo padre si disperava di questo figlio che non studiava: ma a un certo punto decise di accompagnarlo da un artista che conosceva per chiedere "se il ragazzo aveva talento". Questo artista era Conrado Massaguer, un caricaturista con una grande reputazione internazionale. Massaguer non solo incoraggiò il ragazzo in quella occasione, ma lo aiutò; Julio ebbe l’opportunità di fare una sua mostra personale di caricature a soli 13 anni e fu portato all’Avana da Massaguer, che lo introdusse nei circoli letterari dell’epoca. Così ha cominciato a pubblicare i suoi disegni in riviste letterarie .

Nel 1929 la sua famiglia si trasferì all’Avana, dove Julio si iscrisse all’Academia San Alejandro per studiare scultura con Juan José Sicre. In quegli anni, però, sotto la dittatura di Gerardo Machado, che mio padre descriveva come uno stato di polizia, il governo chiuse gli istituti di studi superiori compresa l’Academia San Alejandro. La dittatura dava invece borse di studio per l’estero: una tattica usata per allontanare i giovani non "conformi"; forse si sperava anche, dando loro il privilegio di studiare in Europa, di attutirne la passione per la lotta sociale. Con una di queste borse di studio, mio padre si trasferì quindi in Europa; rimase a Parigi per due anni, dove frequentò l’Académie Ranson, patrocinato dal maestro Aristide Maillol. Allo stesso tempo, frequentò il Comité Ibero-americano de Paris para la Defensa de la Republica Española, insieme a molti scrittori spagnoli e ispano-americani. Quando poi nel 1937 la borsa finì e si trovò a New York in cerca di lavoro, si avvicinò naturalmente agli stessi ambienti e si associò alla redazione de La Voz.

Mi fermo qui nel ricordare la vita di mio padre come caricaturista politico, perché a partire da questi anni si dedica principalmente alla pittura, anche se non smette mai di impegnarsi socialmente. Di questo impegno vorrei dare due esempi. Come tanti della sua generazione, sentiva che doveva alla guerra di Spagna la sua formazione politica. Quando gli Stati Uniti entrano nella Seconda Guerra Mondiale, ispirato dall’esempio delle Brigate Internazionali e motivato dalle sue convinzioni antifasciste, decide di arruolarsi nell’ esercito statunitense, pur essendo nelle condizioni di poter usufruire di un esonero. Evidentemente, la sconfitta della Spagna repubblicana invece di scorragiarlo, lo aveva reso più determinato, portandolo a fare il soldato volontario per quasi tre anni in Francia, Belgio e Inghilterra.

Il secondo episodio è che, recentemente, quando mio padre aveva più di 85 anni, in un’intervista alla televisione cubana, gli hanno chiesto di esprimere un augurio per il futuro, per le prossime generazioni. Come risposta si augurava che gli artisti e gli intellettuali non si mettessero in disparte, non si tirassero indietro rispetto ai problemi della società. Credo che sarebbe stato molto onorato di partecipare stasera alla vostra iniziativa che, commemorando due intellettuali di grande impegno sociale come Malraux e Aub, è in sintonia con questo suo desiderio. Muchas gracias.

Ilse Girona